TUSCIA ED ETRUSCHI

TUSCIA ED ETRUSCHI

Tuscia ed Etruschi, il Viterbese si svela tra borghi medievali, giardini fantasmagorici, palazzi signorili, resti di antiche città, necropoli e tombe dipinte. Sono il piatto forte del programma di visite della guida turistica tarquiniese Claudia Moroni, tra febbraio e marzo, per salutare l’inverno e dare in benvenuto alla primavera.
Tutti i sabati, tranne quello del 5 marzo, saranno dedicate alla scoperta della necropoli etrusca dei Monterozzi di Tarquinia, dichiarata nel 2004 patrimonio Unesco per le tombe dipinte, che rappresentano il più importante esempio di arte figurativa prima dell’epoca romana (ritrovo alle ore 10 all’ingresso della necropoli).
Il 6 febbraio, piccola gita fuori dalla Tuscia a Cerveteri, per visitare la Banditaccia, la più vasta necropoli etrusca del Mediterraneo inserita dall’Unesco tra i siti patrimonio dell’umanità, insieme alla necropoli dei Monterozzi (ritrovo alle ore 10, all’ingresso della necropoli).
Il 13 febbraio sarà possibile ammirare il centro storico di Tarquinia, con le alte torri, le chiese, i palazzi signorili, le strette vie, le piazze e i belvedere (ritrovo alle ore 10 a piazza Cavour).
Il 20 febbraio Tuscania e le sue basiliche saranno il cuore di una visita guidata per ammirare la bellezza e raccontare la storia delle basiliche di San Pietro e Santa Maria e di uno dei comuni più belli del Viterbese.
Il 27 febbraio sarà Viterbo, la Città dei Papi, a farsi conoscere e apprezzare: dallo splendido quartiere medievale di San Pellegrino alla cattedrale di San Lorenzo e all’iconico palazzo dei Papi (ritrovo alle ore 10, al parcheggio di valle Faul).
Il 13 marzo sarà la volta di “Vulci città d’Etruria”, una visita guidata nel parco archeologico e naturalistico dell’antico centro etrusco, alla scoperta degli scavi e del laghetto Pellicone, con le cascatelle del fiume Fiora (ritrovo alle ore 10 all’ingresso del parco).
Il 20 marzo è in calendario il tour alla scoperta di Caprarola e del pentagono-meraviglia di Palazzo Farnese, con la sua famosissima scala e i suoi celebri giardini rinascimentali (ritrovo alle ore 10 al parcheggio di via Monte Grappa).
Parco dei mostri o bosco sacro? È la domanda a cui risponderà, il 27 marzo, la passeggiata al Sacro Bosco, più conosciuto come Parco dei Mostri di Bomarzo, realizzato alla fine del XVI secolo e in cui si unisce la bellezza paesaggistica della natura tipica delle colline viterbesi a statue suggestive, con animali e mostri mitologici (ingresso al parco ore 10).
Per tutte le informazioni è possibile chiamare al 347 6920574. Le iniziative si svolgeranno nel rispetto delle normative anti-covid. È indispensabile avere il green pass rafforzato.
TARQUINIA E L’IMPORTANZA DELLE DONNE ETRUSCHE

TARQUINIA E L’IMPORTANZA DELLE DONNE ETRUSCHE

Parlando degli etruschi, non si può non dedicare un capitolo a parte a coloro che hanno contribuito a farne un popolo ricco, invidiato e temuto: le donne! Le signore dell’epoca erano belle, enigmatiche, potenti e consapevoli, per incontrarle si deve venire a Tarquinia e scendere i gradini delle tombe della necropoli. In questa foto riemergono dalla notte dei tempi con i loro volti pallidi e assorti, i capelli morbidi raccolti sulla nuca. Indossavano abiti ricamati e trapuntati, mantelli di lana e strane calzature. Alcune si presentavano danzando e scuotendo le nacchere a ritmi folli, altre si muovevano regali e lente consapevoli del mistero che le avvolgeva.

Ma le vere signore di Tarquinia, colte e raffinate, appaiono piene di splendore sedute a banchetto nelle loro case o nei loro giardini, sdraiate su letti coperti di stoffe preziose, circondate da danzatori e giocolieri. Gli uomini le guardavano con rispetto offrendo l’uovo, simbolo di feconda immortalità, tenuto tra il pollice e l’indice della mano alzata. Nelle tombe di età tarda, quando la lotta contro Roma era ormai cominciata, esse avevano lo sguardo piene di oscure consapevolezze. Intorno a loro ogni sorriso sembra svanito per sempre e il gioioso convito di ospiti nella cerchia famigliare si era ormai trasformato in banchetto funebre nell’Ade.

Il veloce girotondo dei danzatori era ormai diventato un mesto corteo di anime. Le donne etrusche, presaghe e sensibili, sapevano che il tempo concesso dagli dei alla loro nazione stava per scadere. Presto il felice popolo dei tirreni sarebbe scomparso e sulla sacra Tarquinia sarebbe caduto l’oblio.

(Autrice Claudia Moroni per il sito www.postiepasto.com)

VIAGGIO NELLA NECROPOLI DI TARQUINIA

VIAGGIO NELLA NECROPOLI DI TARQUINIA

Oggi siamo ospiti dei signori etruschi: visiteremo le loro case, non quelle abitate durante la vita terrena, ma quelle, forse più ricche e sfarzose, della vita ultraterrena. La necropoli dei Monterozzi di Tarquinia è custode di dipinti che raccontano le vite, gli abiti, i gioielli, i giochi, gli sport e le tradizioni. Le oltre 130 tombe dipinte, parte di una necropoli che ne conta più di 6400, ci restituiscono l’immagine di una città florida, ricca, potente e popolosa. I mercanti, gli uomini e le donne protagonisti della vita della città, preparavano la casa che li avrebbe accolti dopo la morte con grande attenzione e cura dei particolari.

Grandi artisti, provenienti da tutto il Mediterraneo, venivano chiamati per portare la vita nelle stanze della morte con rappresentazioni dai colori sgargianti che ancora oggi ci stupiscono. Le caratteristiche della pietra locale, detta “macco”, base di tutti i dipinti, ne hanno permesso la straordinaria conservazione fino ai giorni nostri. Le attività tipicamente aristocratiche della caccia e della pesca prendono vita nella tomba a loro dedicata grazie a colori ancora accesi e brillanti. Fra cielo e mare, uccelli e delfini, un ragazzo si tuffa da una roccia, oltrepassando la “soglia”. Nella tomba delle Leonesse (VI secolo a.C.), danzatrici eleganti si muovono ancora al ritmo di antiche musiche, perse in rituali dionisiaci dove l’ebrezza avvolge tutto e tutti. Le donne, belle, eleganti e decisionali, sono protagoniste della loro società come mai lo sono state quelle greche e romane.

I leopardi della tomba omonima (V secolo a.C) sono silenziosi guardiani dell’ultimo banchetto prima del ricongiungimento con le divinità. Il ricco committente della tomba del Cacciatore (VI secolo a.C.) vuole ritrovarsi all’interno del suo padiglione di caccia anche dopo la morte, guardare attraverso le pareti trasparenti della tenda mosse dal vento dell’eternità, un movimento che l’artista è riuscito a rendere con incredibile perizia.

(Autrice Claudia Moroni per il sito www.postiepasto.com)

QUANDO TARQUINIA SI CHIAMAVA CORNETO

QUANDO TARQUINIA SI CHIAMAVA CORNETO

Pochi sanno che Tarquinia, la città in cui sono nata, un tempo si chiamava Corneto, a causa della presenza di boschi di corniolo nella campagna circostante. Dopo l’unità d’Italia venne aggiunto al nome Corneto quello regale dell’antichissima Tarquinia etrusca, sorta e vissuta sul colle retrostante, lontano dal sito della medievale cittadina. Risale al 1922 l’ultimo e definitivo cambiamento da “Corneto – Tarquinia” a, soltanto, “Tarquinia” in onore dei nostri avi etruschi. In questo articolo vi vorrei portare indietro nel tempo, quando misteriosi cavalieri si aggiravano per i vicoli dell’antica Corneto, quando maestose torri e campanili svettavano nelle terzerie di poggio e valle, quando le mura di macco dorato del Palazzo Vitelleschi, dimora del potentissimo cardinale Giovanni, custodivano segreti e intrighi politici e amorosi.

Percorrendo via Mazzini, percepiamo un’atmosfera diversa, ricca di storia e di un passato che è ancora presente nei mille volti degli edifici. Subito incontriamo la chiesa di Santa Margherita, per noi tarquiniesi semplicemente “Il Duomo”, che custodisce i preziosi dipinti del Pastura. Dopo pochi passi ci fermiamo davanti alla fortificazione che il Vitelleschi fece costruire nel XV secolo per proteggere la città dagli attacchi nemici. Attraversando la doppia porta ci si trova di fronte ad uno scenario unico: un viale selciato ci guida verso la maestosa chiesa di Santa Maria in castello, gioiello del XIII secolo, con i suoi mosaici cosmateschi, e l’alta torre che veglia silenziosa su di lei.

Uscendo dalla cinta muraria ci avviamo infine verso “Fontana Nova”, una fontana del 1200 dalla quale i cornetani attingevano acqua durante gli assedi e oggi circondata da un paesaggio che stupisce in ogni stagione: la frizzante tramontana dei mesi invernali lascia il posto al verde tenero del grano a primavera, le lucciole illuminano le notti estive mentre ci si rinfresca con i piedi “a mollo” nel fontanile e le foglie autunnali con i loro colori caldi rendono il panorama ancora più suggestivo.

(Autrice Claudia Moroni per il sito www.postiepasto.com)